"...basta la costruzione di un centro commerciale per uccidere decine di piazze; di un monumento archistar per spegnere la vita di un quartiere."
Fermiamoci, prima che sia troppo tardi.
Archiwatch
Il Blog di Giorgio Muratore
Urbanistica, politica, transizione …
"Riceviamo da Stefano Serafini e volentieri vi giriamo: …
“La lotta del Gruppo Salingaros e dei suoi amici, primi fra tutti AVOE e Civicarch, contro la dissoluzione delle città in periferie, è stata anticipata negli Stati Uniti da un’ampia frangia di contestatori di alto livello: professori universitari, ricercatori, teorici dell’architettura.
Nel cuore dell’impero l’impatto è infatti giunto prima e su scala assai più vasta che da noi, per cui si può asserire che il popolo americano è il primo testimone-vittima del sistema che gli USA hanno contributo a diffondere in tutto il mondo.
La situazione migliore dell’Europa si deve anche alla resilienza di una cultura – fatta soprattutto di architettura e urbanistica pre-moderne – che la seconda guerra mondiale e il dopoguerra non sono riusciti a demolire del tutto: da noi alcune città, piccoli centri, corsi e piazze resistono ancora (da qui il pellegrinaggio continuo di studiosi e istituzioni statunitensi presso le città d’Europa, per impararne una via di salvezza). Ma per quanto ancora? Ogni giorno un pezzo ulteriore di quella cultura viene abbattuto: basta la costruzione di un centro commerciale per uccidere decine di piazze; di un monumento archistar per spegnere la vita di un quartiere. Basta la deformazione del nostro senso dell’armonia in estetica del consumo, ad opera di una filosofia architettonica dichiaratamente sadiana (ad es. il decostruttivismo) al servizio di mercati colossali che dominano i media. Basta che enti di servizio dedichino le proprie risorse all’immagine, come ad es. certi Comuni con la cartellonistica a pagamento sopra i più bei monumenti d’Italia, o le Ferrovie dello Stato con le sue centinaia di schermi pubblicitari posizionati in tutte le stazioni del Paese, perché l’iperreale invada finanche gli ultimi ritagli civili di spazio e di tempo.
E’ assolutamente chiaro oltre Atlantico – assai meno in Europa e in Italia, dove appunto solo noi muoviamo una critica scientifica così diretta – che il problema urbanistico e architettonico ha un’immediata valenza politica. E tale crisi politica esemplificata dalla devastazione dello spazio civile, prima ancora di quello ecologico (“entropia resa visibile” dice J. H. Kunstler), è strettamente legata alla fine del sogno illuministico, trasformatosi in incubo nichilista.
Il nostro compito va perciò ben oltre il dibattito architettonico; e anche oltre il modo ormai inadeguato di concepire la politica adottato sino ad oggi. Dobbiamo raccogliere di nuovo la sfida addormentata della filosofia e delle scienze europee, qui, dove tutto è cominciato. E’ per questo che abbiamo fondato la Società Internazionale di Biourbanistica, volendone la sede principale a Roma, e ci rivolgiamo ai cittadini e agli esperti di tutte le discipline per un lavoro collettivo di rifondazione epistemologica, per rinnovare visioni, spazio, etica, politica, scienza, civiltà.
Nell’invitarvi a collaborare, innanzitutto visitando i nostri siti www.biourbanism.org e www.biourbanistica.org offriamo qui sotto alcuni “spot” americani sull’argomento spazio urbano e politica. Mostrano un’analisi semplice e concreta; non vi troverete Focuault né Lefebvre, ma un messaggio immediato dal quale cominciare ad articolare un discorso più elaborato e necessario.“"
S.S.
http://archiwatch.wordpress.com/2011/01/23/urbanistica-politica-transizione/
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