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lunedì 23 maggio 2011

Per il referendum davanti al Parlamento, come a Madrid

Puerta del Sol a Montecitorio

L'articolo di Giuseppe De Marzo ieri, 22 maggio, su Il Manifesto


Davanti al Parlamento come a Madrid, per fermare il decreto omnibus e il tentativo di annullare i referendum su acqua e nucleare. Da domani piantiamo le tende per salvare la democrazia. In nome dei beni comuni

Le maree si muovono con apparente lentezza ma con scientifica ciclicità. Come sempre, noi umani seguiamo gli stessi processi e periodicamente la storia riscopre le "maree" di indignazione che nel movimento sono destinate a sommergere tutto ciò che non rimane alla loro altezza. Poi inevitabilmente indietreggiano e nel defluire mostrano un paesaggio alle volte modificato, altre volte inalterato. Nel dibattito di questi giorni ci si chiede se le maree che abbiamo visto provenire dal sud del mediterraneo ed approdare in Spagna e Italia con il loro moto saranno capaci di trasformare o meno il sistema di cose che ne ha determinato la nascita. La prima domanda che ci poniamo è quindi metodologica: basta l'indignazione e la protesta per cambiare le cose? Noi crediamo di no. Ma è sicuramente un elemento indispensabile, quello della rabbia, per un sistema di cose insopportabile e corrosivo di ogni idea di "comune". La Puerta del Sol a Madrid dove migliaia di nostri cugini spagnoli sono accampati dal 15 maggio, la vittoria per molti inaspettata sul referendum contro il nucleare in Sardegna ed il voto amministrativo, fanno parte di quella marea di indignazione che ovunque nel mondo investe a fasi cicliche i fallimenti di un sistema sempre più iniquo, escludente e insostenibile.
Dall'inizio della crisi finanziaria in avanti, questi fallimenti hanno assunto la dimensione di crack senza precedenti che fanno legittimamente dubitare l'opinione pubblica europea della efficacia delle politiche economiche messe in campo. Austerità, crescita economica, deregulation del mercato del lavoro, competitività, iniziano finalmente ad apparire per larghe fasce di popolazione come parole assolutamente fuorvianti. Parole che nascondono in realtà un segreto indicibile: la necessità di continuare a fare profitti con la scusa della crisi. Non crisi dunque, ma truffa. Questo è il messaggio che arrivava forte e chiaro dagli "indignati" spagnoli all'Europa monetarista ed a quella sinistra europea così tiepida, grigia ed incapace di comprendere quanto avvenuto negli ultimi venti anni e la forza distruttrice dell'unica ideologia rimasta in campo. A conferma della truffa basti citare un solo dato, gli utili netti del primi trimestre dell'anno delle 7+1 sorelle del petrolio: 38,85 miliardi di dollari! Il primo trimestre del 2010 si era chiuso invece con utili netti per 29,42 miliardi di dollari. Come dire che le otto compagnie petrolifere continuano a fare utili da capogiro ed in crescita nonostante la crisi, nonostante le guerre per il petrolio, nonostante i sacrifici richiesti alla maggior parte della popolazione. Com'è possibile? Dove sono gli effetti della crisi per queste imprese o per i loro manager? Ricchi sempre più ricchi e poveri sempre più poveri, la traduzione di questa crisi. Ecco perché meglio sarebbe iniziare anche noi italiani ed italiane a parlare di gigantesca truffa orchestrata dal sistema capitalista ai nostri danni, invece che di crisi che impongono politiche di rigore e competitività. Perché in questo sottile messaggio sta la forza dell'ideologia capitalista, la strategia dello shock. Frédéric Lordon, economista francese, sulle pagine di Le Monde Diplomatique afferma come il liberismo davanti ad uno shock secolare non comporti alcuna revisione della propria dottrina ma al contrario una forte riaffermazione di ciò che ha fallito. C'è dunque un naturale accanimento capitalista che usa la competitività ed il rigore come risposta alla sua stessa crisi. L'effetto è l'allargamento di una crisi sistemica che assume i contorni di una truffa colossale se consideriamo che la stragrande maggioranza della popolazione si impoverisce mentre le grandi imprese e le confindustrie di turno si arricchiscono, e per questo applaudono quei manager senza scrupoli che per far più soldi giocano con la pelle dei lavoratori.
Perché dunque dovremmo continuare a fare sacrifici, si chiedono in molti. E perché votare per dei partiti che hanno in fin dei conti le stesse politiche economiche. Ed è su questo che montano l'indignazione e la rabbia che sospingono le maree di questi ultimi tempi. Più democrazia, salario sociale, riconversione industriale ecologica e difesa dei beni comuni. Queste le proposte, semplici ed allo stesso tempo efficaci ad affrontare la sfida. Insieme all'indignazione, la marea che sale questa volta porta con se un seme nuovo ed una forza ideologica insospettata per quanti, dopo la teorizzazione della fine delle ideologie, hanno in passato definito queste piazze come anti-politica. Ed il nostro paese non è da meno, con le migliaia di comitati, associazioni, movimenti e nuove soggettività nate in questi anni di crisi e truffe colossali. È questo l'humus sul quale ricostruire una concezione del mondo capace di tramutarsi in senso comune di massa, necessario ed indispensabile fattore per modificare l'esistente.
Questa nuova ontologia oggi si scontra sui referendum del 12 e 13 giugno con il vecchio mondo, quello delle truffe, dell'esclusione e dei privilegi per pochi. Il governo Berlusconi tenterà il 23, 24 e 25 maggio di far passare il decreto Omnibus, con l'obiettivo di cancellare il referendum sul nucleare. Un furto di democrazia e di futuro al quale dobbiamo opporre tutta la nostra indignazione e rabbia, mettendo allo stesso tempo in campo la forza di un pensiero nuovo capace di sfidare l'ideologia dominante, senza paura. Nei giorni in cui il Parlamento certificherà la sua subalternità nei confronti delle lobby del nostro paese, i Comitati referendari nazionali per l'acqua bene comune e per fermare il nucleare hanno convocato proprio davanti a Montecitorio una mobilitazione permanente in difesa della democrazia, dell'informazione e del diritto al voto. Una mobilitazione che vuole fermare il golpe organizzato dagli avvocati dell'Enel e di Confindustra attraverso il governo Berlusconi. I comitati e le centinaia di realtà che li animano, indicano una strada d'uscita per la crisi mettendo insieme allo stesso tempo una rappresentazione sociale che include settori eterogenei "accomunati" dalla necessità di tenere insieme democrazia e beni comuni, il vero terreno sul quale costruire un pensiero forte ed insorgente.
Il 12 e 13 giugno possiamo cambiare l'Italia e le nostre storie. Non vogliamo far sentire solo la nostra voce. Abbiamo già scelto da che parte stare e vogliamo far capire al paese quale sponda guardare per costruire un progetto che possa essere vantaggioso per la stragrande maggioranza della popolazione. Per questo noi vogliamo, possiamo e dobbiamo vincere.


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